LA CORAZZA DI CERA, OVVERO LA CORAZZA-FAVO.

 

Penso agli amici apicoltori della Scuola Agraria di Monza e alla scorsa smielatura, in una performance di travasi e sbordi di miele che ti sporcava le braccia nude e ti obbligava a pulirti  leccandoti le mani come i gatti. Questi gesti erano accompagnati dal concerto energetico delle api che ti avevano inseguito per il furto del melario, e cercavano poi una via d’uscita dal luogo buio per la fessura di luce della finestra.

Un brivido ti assaliva, adrenalina per la percezione di pericolo? 

Pericolo di essere punti? O di morte? O era un brivido di vita?

Così al ricordo di quell’incontro mi recai nel mese di marzo 2008 a cercare altre emozioni.

Fu un dispiacere il sapere sul fenomeno della moria delle api, della crisi globale e lampante che dipende da una sommatoria di vari fattori: varroa, nosema, colture OGM, diserbanti, insetticidi neurotossici , cambio climatico. Apprendo che le api sono un ottimo indicatore ambientale…

E così vista la moria ai miei piedi, raccolgo i corpi …

Avevo già pensato al telaio con le cellette esagonali, dalla casa alla tomba… La terra, … la funzione materna: Tellus Mater. Essa dà e riprende la vita con il rischio di oppressione ristretto e il pericolo di soffocamento nel prolungamento eccessivo  della funzione di nutrice  e di guida.

Al soldato americano non veniva insegnato di amare la terra?

La buca del soldato, rotonda o quadrata a seconda dell’appartenenza tedesca o americana.  Il mio pensiero andava a questa percezione di spazio espanso con angoli o senza , una stanza. ..e se fosse esagonale cosa si percepirebbe?

Con la raccolta di bossoli d’ottone di vari calibri ne ho fatto un favo orizzontale a ricordo di quel pensiero.

Un’altro desiderio riaffiora: una vestina di cera d’api, con inserti di pizzi come sanno fare loro. 

Mi ero  interessata a capire il loro comportamento in caso d’intrusione...

Dal quel desiderio nasce però un bustino ben diverso.

Il colletto forse richiama quelli di pizzo del 600,  poi ho assemblato fogli cerei, cellette già costruite e cera grezza , le api morte adagiate nei seni che risalgono sul  collo a ricordare quel brivido passato che partiva dal basso ventre.

Sotto di essi le cellette sono deformate dal calore che scioglie la cera. E’ un insieme di tonalità  di gialli fino al complementare viola dello sporco di zampe di ape e di propoli. Al di sotto di esse s’intravede un segreto?

E’ d’oro, è la carne viva il rosso, o il porpora.

Sono evidenti degli strati, la mia “corazza-favo” m’introduce alla metamorfosi. Le api non mi ricordano più la smielatura. Quei fermi d’immagine ingannano perché quelle api sono incollate, e puzzano provocandomi quella sensazione già provata con le teste di pesce ormai camminanti sotto il sole.

E…questa storia a che domanda mi introduce?

 

 

                

 

   

 

 

 

 

UN TELAINO DELL’ARNIA