Da “TRADIZIONE E
PALCOSCIENICO” , Gazoldo
degli Ippoliti 06/05/00
Nadia Merica
Formentini coltiva dagli acidi della lastra mondi
flessuosi e fluttuanti
di sogni e fiabe che sono biologia della natura ma
parlano il linguaggio della
fantasia…
Nadia Merica Formentini, incisore di
precisa qualità e sensibile nel plasmare terrecotte di suggestione atemporale;
Claudio
Rizzi
NADIA
FORMENTINI COSI’ COM’E’..
Immagino,
paradossalmente, un mondo in bianco e nero e lo archivio
nelle meningi come triste retaggio dal quale non mi è possibile evadere. Allora
mi adeguo e cerco avidamente di rendere plausibile questo angosciante
grigiore, escogitando altre motivazioni che compensino l’assenza del colore.
La
strana metafora ha una sua ragione. Ovvero mi estrae dall’utopia dell’assurdo e
mi immerge in una nuova realtà.
Identifico
nella grafia di Nadia Formentini questa sua scelta
coraggiosa, questo volere essere presente nell’Arte, in pienezza di scibile,
senza le suadenti – ma talvolta fallaci – cromie che vestono i rituali
pittorici.
Ovvero
una vocazione difficile, estremamente pura, monda da
tentazioni epidermiche, spogliata da ogni pretesto illusorio, eppure ancora
meravigliosamente pervasa di una poesia dai raffinati connotati enunciativi.
Certamente
la Formentini, nell’incidere le sue tavole, ha ben
fermi questi principi.
Non
si arrende alle difficoltà ma non le eleva ad esercitazioni freddamente
tecniche, siccome è sempre presente nel suo “io” quel senso della bellezza
incarnata in tutto il suo contendere.
Ecco,
ammiro nelle sue impressioni grafiche questo rispetto delle cose, quella
fremente ricerca dell’essenza, quel desiderio di esaltarne la recondita
morfologia.
Ovvero
non le basta vedere, le interessa il guardare, con occhio amorevolmente
attento, il particolare, colloquiare con il misterioso mondo sommerso, trovare
la gioia nel descrivere le spirali di una conchiglia o cullarsi sulle morbide,
voluttuose movenze di un “semplice filo d’erba”.
Per
far ciò Nadia si affida alle sue indubbie capacità anche
esclusivamente esecutiva. La percezione del suo operare, se pur non va a
scapito della libera fantasia, è una componente di
enorme valenza.
Non
posso, non mi sembra onesto, non prescindere dalla sua abilità le stupende risultanze del suo lavoro. Nulla è scontato. Qui, e non
altrove, sta la completezza dell’Artista. E’ impensabile ragionare in questi
termini.
Ho
avuto modo di analizzare recentemente i suoi lavori.
Non
posso che confermare – se conta il mio parere- quanto ho
cercato di dire.
Vi
aggiungo solo una personale ammirazione per la persona “Formentini”.
Mi piace la sua modestia, la sua tranquillità, il suo viver sereno. La gratifica quella sincera devozione che ha per il prossimo.
In Lei sempre, pervade la voglia di servire più che imporre. L’Arte ha bisogno
di questi umili artefici, che alla grancassa preferiscono il dolce suono del
flauto.
Giuseppe
Casiraghi
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