La performer e il madonnaro

 

22/05/2003

 

Attendo come Penelope il madonnaro.

Si presenta con n. 3 matasse di filo nero, scotch e rotolo di carta di ca. 10 mt.

Destinazione: Omaggio a Derek Bell arpista irlandese teatro Smeraldo di Monza

Disponiamo le transenne per circoscrivere l’area di lavoro

Il madonnaro inizia a stendere la sua lunga tela di carta e  a disegnare con il suo carboncino.

Io

Sorpresa! Per me il filo. Amante del segno inciso: colore nero. Ironia!

Attendo e penso a una soluzione:  disegnare a terra ponendo il filo come per i lavori messicani, l’idea non mi convince si fa poca strada.

E poi….problema reale devo trasformare le matasse in gomitoli e mi manca l’arcolaio. La mamma usava le mie braccia, come posso fare da sola? Matassa al collo e braccio,  il filo mi parla: “tutti i nodi vengono al pettine”. E… sì, ho creato un imbroglio da sbrogliare e tagliando i nodi riesco a chiarire, come si dice in gergo a “dipanare” il filo.

Gli operatori s’interrogano sul mio fare di donna al di fuori delle transenne: il madonnaro l’ha portata con sé per non lasciarla a casa e per non annoiarsi fa la calza.

Povera me, ho un problema d’identità?

Mi si richiama al movimento, lo spettacolo è già iniziato e devo salire sul palco e .. improvvisare con gli unici strumenti di filo e corpo. Uso il mio corpo come strumento di disegno e  ricordo quando era spazio per il disegno: un tattoo nero che dal basso saliva sulla sua gamba, e calze di rete ricamate, eleganza pronta per un elegante locale.

 Il madonnaro mi diceva che ero una jazzista, perché lavoro con qualsiasi materiale; ma .. i suoi amici jazzisti hanno uno strumento completo, la batteria, il basso, la chitarra con il quale dialogano!

IMPROVVISAZIONE: il mio problema non è cosa, ma come dire: ci sono materiali con i quali fai poca strada, es. i sassi, o chicchi di grano. L’elemento è piccolo. La conoscenza del luogo e l’approfondimento ha bisogno di tempo. Quando lo possiedi con il cuore ce l’hai per sempre.

Messa in scena del corpo.

Cerco di ricordare gli studi di mimica, di specchio…

Rifletto: il palco è la mia stanza in cui mi interrogo su quella attesa, sul mio ruolo e su di lui.

I nodi riaffiorano, sono un problema, un pianto  di mendicanza in questa stanza dell’isola cerco risposte…

Il punto di domanda è una spirale, un’ammonite, il fossile mi porta a ricordare la mia origine, la tradizione, il mio punto di partenza.

 

 

 

   

 

 

Il ragno ha già inciso storie, storie di mare e provincia.

Preparo l’ordito  e inizio a tramare nella mia stanza-telaio (il telaio è tutto lo spazio transennato e finisce con la riva della tela del madonnaro)

Da navetta divento ragno che tesse la ragnatela. I fili che partono dal centro come raggi di una ruota (rosone) che avvolgendosi a spirale, passa di raggio in raggio.

 

 

 

Il ragno sta  a testa in giù al centro della tela, aspettando che qualche insetto vada a sbattere contro la sua rete.

 

Mi muovo in equilibrio con passi felpati al bordo della carta, l’intruso (il madonnaro insetto) ha creato suonatrici d’arpe. Buon motivo per allacciarmi a lui.

 

Tendo le corde sopraelevandole da terra, donano un effetto tridimensionale al disegno. Mi muovo nel mio spazio, corro da una estremità all’altra per ripristinare la ragnatela.

Passo sopra e sotto i fili, poi mi trovo il filo alle caviglie,  al polpaccio, alle ginocchia, alla vita: è il vecchio gioco dell’elastico.

 

Tenendo più fili in mano incito i cavalli alla corsa ….

L’operatore si diverte si accorge che sto circondando il pranzo.

La forma a spirale, il centro e il filo mi ricordano il mito di Arianna. Ho il filo che dovrebbe essere rosso ma vacillo al pensiero del Minotauro.

 

 

Di che segno sarà mai il madonnaro?

Lo spazio non è più definito, anche il tempo si abolisce.

Morte, conoscenza, rinascita.

Si prosegue a suon di arpe, mi  fermo e fuggo a vedere Vincenzo: è un tutt’ uno con la sua arpa come io con la mia ragnatela suono note nel mio telaio-arpa gigante.

La donna ragno in azione ritorna nella sua stanza. Come Penelope …

Inganna il suo pubblico con la sua astuzia, perché vorrebbe volteggiare, fare l’acrobata, diventare una vera danzatrice, ma non può.

Il suo ruolo è chiaro: è una femmina fedele e virtuosa nella tessitura.  Non può pensare all’avventura del mare come Ulisse.

Nello stesso teatro il madonnaro si propone, ed io non sono sogg. ma oggetto del suo pensiero,  una donna, pensata a sua immagine e dissomiglianza, trovandomi  già raffigurata e costretta a riconoscermi nel suo immaginario. Cerco di ritrovare la mia soggettività e farla accettare e mi chiedo:  per questo uomo chi sono? Penelope, Circe o sirena bicaudata)?

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

Nella sua assenza,  Penelope è donna e moglie di nessuno con i proci appresso.

Da Nessuno, Ulisse è diventato Il Greco. Al suo ritorno cosa  cambierà? Sarà la fine di  Penelope, di Circe, e delle sirene.

La riva il bordo della carta è la riva del mare.

 

 Per Ulisse l’esperienza del limite è il mare. Perché la riva è la morte, la fine delle azioni, delle avventure. La morte è il segno dell’umana finitezza, sempre sfidata, e Penelope lascia che egli misuri sulla morte le sue gesta e la sua storia, ma desidera che al luogo della sua nascita (Itaca, la casa, la stanza, la madre) egli guardi per prendere radicamento e dimora e parta da questa per ritornarvi.

 

Penelope sa di non essere come Ulisse, né vuole esserlo perché per lei l’avventura è il vivere in ogni circostanza, e l’orizzonte ovunque anche in un fare e disfare. Unire e separare, un gesto di osservazione sul come sono fatte le cose, un osservare facendo e disfacendo, un entrare e uscire.

 

Penelope è fedele e con l’atto manuale e del pensiero, ha tessuto  un pezzo di esperienza di conoscenza del reale.

Vorrebbe che facesse anche lui esperienza del reale e non dell’effimero.

Vorrebbe un Ulisse dantesco, uomo alla ricerca dell’infinito  e non greco eroe alla ricerca di gloria.

 

Io donna che resiste ai proci e non riconosce, o meglio conosce ma non segue il suo Ulisse, non ubbidisce,  è testimoniato da un corredo non  tradizionale per il matrimonio ma un corredo insolito di una donna single.

 

Forme dove il segno è una cucitura, sfilatura, un intreccio, un ricamo, un collage di stoffe e il colore una superficie di fibre naturali o artificiali realizzata anche con l’impiego dei materiali plastici, carta, gomma, pelle, metallo, piume, oltre alle sue incisioni “pizzi di mare” , toppe e merletti in carta, creta, tranciati, rami, ramoscelli  intrecciati fino al cucito di abiti con materiali insoliti.

 

E non è un ruolo imposto ma un ritrovarsi come figlia di madre sarta, un ritorno alle origini.

 

E’ tutto finito. Il pubblico esce. Smontiamo il tutto, ma mi resta una grande fame, non ho mangiato abbastanza? Effimero?  Come può essere effimero il gioco di un bimbo? Il gioco non è il lavoro del bimbo? Un’esperienza è un dentro alla Presenza.

Fili, intrecci, reti

 

 

Immagini della performance

 

 

 

 

 

 

 

 



home le opere il suo atelier hanno detto di lei